Le donne hanno realmente un problema di fiducia, c’è un gran divario tra i sessi in questo campo. Rispetto agli uomini, le donne non si considerano altrettanto pronte per una promozione, si aspettano risultati peggiori agli esami e in generale sottovalutano le loro capacità […] e gli uomini non si sentono mai insicuri? Certo. Ma non con lo stesso implacabile zelo delle donne e la stessa tendenza a lasciarsi fermare dai dubbi. 

Questo dato viene  definito, da l’ Internazionale di questa settimana, “devastante: al successo concorrono in egual misura la competenza e la sicurezza in se stesse (vi abbiamo già accennato l’argomento in un precedente post). Ci piaccia o meno, il merito da solo non basta; è necessario che a quel merito crediamo e, addirittura, che lo difendiamo e “propagandiamo”. Ecco allora spiegato – almeno in massima parte – perché le donne non riescano, ancora, a rompere il famigerato tetto di cristallo: oggi, in Paesi come gli USA,  si laureano più donne che uomini e queste rappresentano metà della forza lavoro attiva; eppure, restano quasi del tutto assenti nei vertici. Sicuramente, ad altre motivazioni come quella culturale, si unisce la cronica carenza di autostima femminile. Nel 2011, Ll’Institute of leadership and management , nel Regno Unito, ha condotto un sondaggio fra i dirigenti britannici per valutare il loro grado di fiducia in se stessi: metà delle donne interpellate ha dichiarato di avere poca fiducia nelle proprie capacità e prospettive professionali, gli uomini sono stati meno di un terzo.

E’ provato che, quando le persone sono convinte di poter riuscire bene in qualcosa (indipendentemente dall’effettiva bravura), assumono comportamenti che trasmettono, esprimono, sicurezza: dal tono di voce alla postura sino allo sguardo, si dimostrano individui aperti e rilassati. Però, quanto detto, vale sono se la sicurezza è sincera (ad esempio, per gli uomini, si parla di honest overconfidence, eccesso di fiducia sincero), invece, se si ostenta qualcosa di artificiale, allora, “la recita crolla” – il tono di voce si fa più acuto e lo sguardo sfuggente – e l’impressione che suscitiamo negli altri è pessima.

L’articolo, poi, introduce un argomento di cui già vi abbiamo parlato, ovvero la differente organizzazione cerebrale del cervello maschile e di quello femminile come fattore che contribuisce a influenzare la poca autostima femminile: studi che usano la risonanza magnetica hanno dimostrato che, in presenza di stimoli emotivi negativi e in risposta a forte stress, le donne tendono ad attivare maggiormente l’amigdala (centro neurale della paura, coinvolta nell’elaborazione della memoria emotiva) e, per questo, conservano più a lungo il ricordo di eventi traumatici, con tutte le conseguenze del caso: le donne rimuginano maggiormente sugli eventi, hanno più paura a rischiare rimettendosi in gioco etc. A marcare la differenza, intervengono anche gli ormoni: l’estrogeno – il “classico ormone femminile” – incoraggerebbe le abilità sociali ma scoraggerebbe il conflitto e il rischio; invece, il testosterone – “l’ormone maschio per eccellenza” – favorirebbe competizione e simili. Non dobbiamo comunque essere sconfortate da questi studi perché altri, altrettanto seri, hanno messo in luce come il cervello sia plastico e anche la composizione ormonale, quindi, entro certi limiti, i fattori esterni (l’ambiente, il vissuto) possono modificare la natura: Per esempio, quando un uomo diviene padre, anche se non affronta la gravidanza biologica, presenta un calo del testosterone (anche di queste tematiche abbiamo già parlato in un precedentemente post).

Gli uomini si fanno avanti senza pensarci due volte anche se sono poco qualificati e impreparati. Le donne, pure quando hanno una professionalità e un’esperienza superiori a quelle richieste, ancora oggi si tirano indietro. Si sentono sicure di sé solo quando sono perfette. O quasi. 

Va detto che l’educazione, insieme alla mania di perfezionismo, è un altro fortissimo ostacolo che penalizza le donne: alle bambine, all’asilo, si insegna a essere ubbidienti con tutta una serie di gratificazioni e rimproveri legate alla condizione (“se starai buona, calma e tranquilla a giocare con le tue bambole…”); invece, a un maschietto, “si scusano più cose” perché “è ribelle, irrequieto e litigioso per le tante energie che deve liberare/sfogare”. Questo modo di pensare, questa “cultura” – apparentemente così diffusa da divenire ovvia e non percepita comunemente come fonte di danni -,  in realtà, finisce per limitare enormemente le donne che, crescendo, continuano a “volersi dimostrare calme”, quindi, a evitare di correre dei rischi; non dà loro, insomma, la possibilità di capire come l’agire comporti la possibilità di fallire ma, soprattutto, che fallire è normale (solo chi non prova non fallisce mai!), anzi, formativo. Aggiungiamo che, quando le donne sono assertive come gli uomini, vengono percepite come aggressive e – in certo senso -, anche se le cose stanno cambiando, sono costrette a pagare un peso sociale maggiore e vengono etichettate duramente (è antipatica, per non dire stronza!)

Più una donna ha successo, più attira commenti acidi. Non è solo la sua competenza a essere messa in discussione, ma il suo carattere.

Ma, nonostante tutto quello che si è detto, esiste un risvolto positivo della medaglia: la fiducia in se stesse si può coltivare e, di conseguenza, il divario di genere può essere colmato. Come? Appunto provando, fallendo e riprovando. L’autostima ci porta a credere nelle nostre capacità e ci stimola all’azione, quindi, si costruisce per accumulazione, tramite lavoro, successi e persino insuccessi.

La fiducia in se stessi è quella cosa che trasforma i pensieri in azione. Anche se da sola non basta. Se un’azione ci fa paura, potremmo aver bisogno di quello che comunemente chiamiamo coraggio. Se è difficile, potrebbe richiedere determinazione e perseveranza. Ma anche la rabbia, l’intelligenza e la creatività potrebbero svolgere un ruolo.

Tirando le somme, possiamo dire che, per aumentare l’autostima femminile, le donne dovrebbero pensare meno e agire di più? Se impariamo a insistere possiamo abituare il nostro cervello – che si basa su modelli di pensiero e di comportamento appresi nel corso della vita – ad alimentare l’autostima. Quindi, donne, uscite dalla vostra comfort zone e non abbiate paura di mettervi in gioco, farvi protagoniste, rischiare, casomai confliggere o, addirittura, fallire…il successo, nell’accezione più ampia del termine, può essere raggiunto solo se si accetta di salire sul palco della propria vita!