Oggi, vogliamo proporvi la recensione di un testo molto interessante, soprattutto utile. Il suo titolo è Meglio sole. Perché è importante bastare a se stesse di Ivana Castoldi (psicologa e psicoterapeuta):  il focus, il nocciolo centrale, è rappresentato dall’idea che, non sempre e non solo, la solitudine è una triste condizione imposta ma, a volte, può essere un qualcosa di voluto, cercato e desiderato, anche come momento transitorio, per “recuperare” noi stesse, riprendere – o iniziare per la prima volta – ad ascoltarci (nei desideri e bisogni) e porci al centro del nostro mondo…insomma, un “sano egoismo” che, purtroppo, sovente, le donne – anche per i condizionamenti culturali che le vogliono creature dedite ad accudire chi le circonda – non sono capaci di regalarsi. Eppure, principalmente per se stesse, ma anche in prospettiva di una sana relazione (di qualsiasi tipo), essere pienamente quello che siamo, scegliere la vita che più ci rappresenta e badare al nostro benessere sono passi fondamentali, senza i quali si finisce per sentirsi in una gabbia (che ci siamo costruite da sole) capace di generare una grossa dose di infelicità. Quest’ultima, come emerge dal testo, comunque, non è sempre un sentire da rinnegare e fuggire ma può essere (anzi è) una sensazione transitoria da accettare, capire e “vincere” perché non può esistere cambiamento, mutamento e metamorfosi in sua assenza. Come disse una volta qualcuno: per vedere l’arcobaleno devi sopportare la pioggia; o, in altri termini, per ritrovarti, devi essere prima capace di perderti. Del resto, nulla di importante – e l’indipendenza emotiva lo è sicuramente – si conquista senza “fatica”.

[…] Occorre aver vissuto intensamente, per apprezzare la solitudine e arrivare ad amarla. Occorre essere esausti e temprati a furia di battaglie, un po’ vinte, un po’ perse. Occorre sognare la pace e desiderare finalmente di riporre le armi, almeno di tanto in tanto. Occorre avere conosciuto la propria fragilità e quella altrui; essere diventati indulgenti e saggi per riuscire ad accettare la vita con tutte le sue contraddizioni, comprese quelle che ci vedono protagonisti.

Ligabue canta “le donne lo sanno”. Ecco: noi donne sappiamo bene come, in molte circostanze, a furia di “dare”, e spinte dalla perenne sensazione di sentirsi “sotto esame”, finiamo per essere letteralmente esauste, incapaci di vivere a pieno la vita. Crediamo, erroneamente, di esistere solo se inserite all’interno di un rapporto – siamo, in un certo senso, mamme anche quando non abbiamo dei figli, mamme di figli mai nati – e, quando quel rapporto “crolla” (perché qualcuno decide in questo modo o, persino, perché siamo noi a volerlo), all’improvviso, ci percepiamo inutili. Siamo brave, bravissime, a elaborare progetti, strategie e piani di azione nel nostro quotidiano, e poi a metterli in campo in modo vincente, ma siamo altrettanto sorde e cieche nell’ignorare, trascurare, quello che dovrebbe essere il più importante di questi progetti: noi stesse.
La solitudine può essere, oltre che spazio di pace per riprendere pieno possesso delle redini della nostra vita, anche un tempo di intensa creatività nel quale prendiamo coscienza anche dei nostri talenti, di quelli che abbiamo messo a tacere perché assorbite sa altro. Ma, spesso, la sua ricerca, o semplicemente la sua sperimentazione, segue a un evento traumatico: un lutto, un abbandono, un licenziamento…un episodio che ci mette con le spalle al muro di noi stesse e, per la prima volta, ci impone di rivedere le carte in tavola per edificare noi stesse e la nostra esistenza su nuove basi.

Occorre aver condiviso molto, avere amato molto, forse odiato, comunque sofferto. Solo allora è possibile cercare la solitudine, trasformarla in una scelta consapevole e intenzionale, arrivando al traguardo della propria autonomia.

Jack Folla ha scritto: “Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi? E’ da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai. Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti. Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te. Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa”.
Ci fermiamo qui per non privarvi del piacere di leggere questo libro; anzi, vi salutiamo con un messaggio – a nostro avviso bello e importante – che emerge fra le pagine del libro: la vita è un gioco dal quale non possiamo tirarci fuori, indietro; al massimo, possiamo saltare un turno e persino barare, ma mai smettere di giocare: quindi, tanto vale rimboccarci le maniche e cercare, anche nelle condizioni meno facili, di portare avanti la nostra partita come meglio possiamo, dato che la posta in gioco è alta, è la nostra felicità.
Buona lettura!