Oggi, vogliamo proporvi la recensione di un testo “un po’ diverso dal solito”; diverso perché – pur parlando come sempre di donne (e alle donne, ma non solo) – si incentra su una tematica specifica di cui, ancora, non abbiamo discusso insieme: l’amore.
L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore, è stato scritto da Michela Marzano, Professoressa Ordinaria all’Université Paris Descartes. Michela – come spesso accade alle persone con una forte personalità – viene molto “amata” o, al contrario, parecchio contestata: ho letto chi sosteneva che è un’egocentrica, anzi “un’egocentrica come tutte le anoressiche e le ex-anoressiche”, ad altri ho sentiti dire che “un docente universitario non dovrebbe scrivere libretti autobiografici su certe cosuccie come i sentimenti”. Sono critiche sterili: cosa significa che una “donna di cultura” non debba, non possa, parlare di amore? Significa che si è sempre schiavi di un certo cliché secondo cui una professionista ha il dovere di cancellare, far tacere, la sua umanità, la sua femminilità. Inoltre, solo chi ha fatto un “certo viaggio” può capire quanto sia importante, ad un certo punto, riuscire a parlarne – anzi, sentire il bisogno di parlarne – per se stessa e per gli altri. A Michela, andrebbe riconosciuto il coraggio di essere stata se stessa, compresa di paure, dubbi e zone oscure. Non è da tutte.
L’impegno e la volontà, con l’amore, non hanno nulla a che fare. Anzi, più ci si impegna, più tutto va a rotoli. Perché prima o poi l’altro finisce con il rimproverarti tutto quello che hai fatto. Una lista infinita, piena di quello che hai detto, preteso, sperato, voluto, recriminato. Te lo rinfaccia e se ne va via. E tu non sai più che cosa fare, che cosa dire, che cosa pretendere, che cosa sperare, che cosa recriminare. Si resta soli con le proprie paure. Soli con un’altra lista, ugualmente infinita, piena di domande senza risposte. Che cosa avrei potuto fare di più? Dove ho sbagliato? […] L’amore non lo si può meritare. Altrimenti non sarebbe amore. Sarebbe solo una forma di baratto: ti do quello che mi chiedi e tu mi dai quello che ti ho chiesto.
Ci piaccia o meno (generalmente non ci piace), l’amore non lo possiamo meritare. Non c’è da ripetere e ripetersi ostinatamente “ma io ho fatto il meglio che potevo, gli ho dato tutto quello che avevo e bla bla bla”. No. L’amore non è gratitudine, tanto meno logica: amiamo chi amiamo, spesso senza che ci offra una valida ragione per farlo; anzi, esattamente nel momento in cui è meno meritato, forse, l’amore si fa più sincero, e intenso. Qualcuno, una volta disse “amami quando meno lo merito, perché sarà allora che ne avrò più bisogno”. Certamente – per dignità, amor proprio, autoconservazione etc. – possiamo decidere di non condividere la vita con una persona che non stimiamo (anzi, sarebbe auspicabile farlo!); ma rimane il fatto che questa scelta sia solo posteriore al provare un sentimento che – torno a dire -, ci piaccia o meno la cosa, nasce al di fuori della nostra volontà…e cresce, spesso, senza che noi riusciamo a capire. L’amore non lo comprendi, lo vivi. In realtà, l’amore puoi anche capirlo “se operi un po’ per sottrazione”, se fai un viaggio a ritroso, se ripercorri i passi del tuo sentiero e impari non cosa hai dato e sei pronto a dare ma cosa cerchi, spesso senza saperlo…se torni al punto in cui qualcosa si è spezzato, ti è mancato disperatamente, e non sei riuscito ad andare oltre; così, ogni volta, ad ogni amore, ci illudiamo che saremo in grado (proprio con quell’amore) di tornare tutti interi. Ma non è così perché, forse, certi pezzi di noi non saremo mai in grado di ricomporli e, sicuramente, l’altro non sarà mai il tassello mancante in grado di completarci come individuo; l’altro, a sua volta, pieno di contraddizioni e nodi che si sono sciolti, o che faticano a sciogliersi. Mi viene alla mente l’immagini di due zoppi che si tengono per mano e che a volte sono sul punto di cadere, addirittura di intralciare uno il cammino dell’altro; ma che con un po’ di buona volontà e di fortuna riescono infine a tenersi in equilibrio vicendevolmente.
Oggi so che l’amore si nutre anche di dissenso. So che l’uomo che amo mi è sempre accanto, anche quando non risponde ai miei sms e alle mie lagne. Anche quando mi manda a quel paese. Prima di lasciarmi un messaggio in segreteria per dirmi che mi ama tanto, ma veramente tanto, tu lo sai quanto, non è vero?
Il principe azzurro non esiste, quello che una certa educazione ci ha portato ad attendere perché, con un bacio, ci avrebbe salvato. Da cosa ci avrebbe salvato? Dalla vita forse, e – io credo – molte volte da noi stesse. Ma, poi, non è arrivato e abbiamo un po’ continuato a perderci prima di imparare due grandi verità: dobbiamo salvarci da sole e l’amore ha il potere di salvarci. Sembrano due frasi che si contraddicono fra loro, ma non è così: siamo capaci di salvarci quando cominciamo ad accettare che la vita non può essere tenuta sempre sotto controllo ed è necessario accettare le proprie imperfezioni avendo fiducia (altro tema, quello della fiducia, caro alla Marzano) nell’altro, in quell’uomo che abbiamo scelto perché era lui e solo lui; non il principe azzurro in cui speravamo, ma un mezzo cavaliere un po’ sbiadito che, a suo modo, con le sue difficoltà, ci resta accanto..anche quando siamo insopportabili, persino a noi stesse.
Questa volta è diverso. Ne sono certa. Perché anche se perdo tutto, perdo tutto tranne me stessa. Tutto tranne la voglia di ricominciare. Tutto tranne la certezza che nessuno può rubarmi ciò che sono, anche se la notte un po’ mi annienta […] Da quando ho scoperto che c’è altro, ho messo un po’ d’ordine nella mia vita. Un equilibrio precario. Che sta bene solo a me. Anche se talvolta mi va un po’ stretto.
Non voglio aggiungeremo altro, per non privarvi del piacere di leggere questo libro. A noi, Michela, piace…piace come mi piacciono tutte quelle donne che hanno fatto i conti con se stesse e non hanno avuto paura ad amarsi nonostante, in questi calcoli, ci fosse sempre una lacrima, un sorriso, un pensiero, un dubbio, una paura pronta a saltare fuori come la tessera di un puzzle che non trova il suo posto preciso, ma che forse ha smesso di cercare un angolo in cui incastrarsi e si lascia vivere.