Il libro che oggi vi presentiamo è speciale, si tratta della storia di Lucia Annibali. Una storia tragica ma piena di speranza.

Normalmente, vi parliamo di testi che – per un verso o per un altro – sono strettamente collegati a tematiche di genere (organizzazione cerebrale maschile/femminile, importanza di gender balance per il business aziendale, immagine femminile stereotipata etc.) e, oggi, sarebbe lecito domandarsi se questo libro rientri o meno nella categoria. La risposta che noi ci siamo date –  e che diamo a voi – è: Io ci sono. La mia storia di non amore è la vicenda- intima, delicata, forte, ingiusta e toccante – di una persona, e quella persona è una donna.

Io sto già rinascendo, la grande differenza fra me e te è che il tuo acido per me sarà l’inizio di una vita nuova, per te sarà la fine.

Questo è uno dei pensieri che Lucia “rivolge” al suo carnefice (e il termine “carnefice”, in questa vicenda, non è usato a sproposito), ovvero al mandante dell’aggressione che le ha sfigurato il volto e la mano destra: la sera del 16 aprile 2013, un uomo di origine albanese con un cappuccio sul viso – mentre un complice “fa da palo” per strada – attende Lucia nel suo appartamento e le getta addosso una bottiglia piena di acido. Il mandante dell’aggressione è Luca Varani, ex-compagno di Lucia.

Questa non è la prima storia di violenza sulle donne che sentiamo purtroppo, non è la prima storia che comunemente viene inserita dentro la categoria del femminicidio; però, è una storia che, fin dall’inizio, si caratterizza per alcune sue “peculiarità”: non solo la giovane avvocatessa marchigiana riesce a sopravvivere ma, da allora, da quella notte che segna un prima e un dopo nella sua vita, cambia, si scopre una donna nuova/diversa, e “si batte” con determinazione per diffondere la sua storia, perché certe cose non avvengano più. E noi siamo qui – idealmente con Lucia – a dare il nostro piccolo contributo affinché la vicenda non venga dimenticata ma, possibilmente, “serva”, sia da aiuto, ad altre donne.

Gli anni che verranno saranno quelli di un’altra Lucia. La donna che sono stata finora non esiste più e non è che la rinneghi. E’ che davanti allo specchio ce n’è una nuova più consapevole, più forte, più determinata, più coraggiosa e, anche se potrà sembrare strano, più bella. Mi sento bella della mia dignità e del mio orgoglio…”

Un dettaglio mi ha molto colpito durante la lettura: Lucia non era una “super-donna”, non era una di quelle così “salde” da non cadere vittima del sentimento. No, lei – nel dopo – riconosce che tutti i segni di un amore malato e pericoloso erano lì, erano evidenti, eppure non li ha notati (forse, non li ha voluti notare) perché offuscata nella lucidità dal forte attaccamento verso quell’uomo che ha tentato di distruggerle la vita. Una storia di non amore appunto, come recita il titolo. Però, l’ex-compagno dell’avvocatessa di Urbino non è riuscito nel suo intento perché, “nel portarle via il viso” (pochi gesti, anche da un punto di vista simbolico, sono così carichi di odio e risentimento come il tentativo di privare una persona dei suoi lineamenti), non è comunque riuscito a rubarle la voglia di vivere, il desiderio di essere ancora una donna…una donna che, in certe parti del testo, ci appare quanto più “umana” e “vicina” sia possibile, come nel racconto di quella volta in cui, durante la lunga degenza in ospedale, insiste per poter fare una ceretta: Lucia vuole, pretende, rimanere una donna che cura il suo aspetto, che non rinuncia alla sua femminilità, che la reinventa se il caso! E tutto questo – l’ostinazione nel riprendersi un’esistenza, se stessa e una forma di normalità – emerge in altre parti del testo, le stesse in cui Lucia – con ironia, testardaggine e coraggio – cerca di rimettersi in piedi e ripartire da zero, aprire un nuovo capitolo della sua vita che porterà impresse delle cicatrici indelebili ma, al contempo, sarà caratterizzato da una nuova consapevolezza.

Voglio uscire, voglio tornare a vedere, voglio avere di nuovo una faccia, voglio guardare la luce del giorno senza che gli occhi mi facciano male. Vivere: in fondo tutto questo non è altro che vivere.

Un libro di cui vi consigliamo vivamente la lettura, il racconto di un lungo viaggio che inizia con un amore (anzi, con un “non amore”) che delude e ferisce, prosegue attraverso una notte in cui l’orrore sembra toccare l’apice (ad un certo punto, sempre durante la degenza ospedaliera, Lucia si domanda cosa avrà mai detto il suo ex per convincere i due uomini a sfigurarle il viso, che somma gli avrà offerto per rovinarle la vita; ecco, questo pensiero mi sembra emblematico di quell’orrore che tocca l’apice) ma, poi, attraverso operazioni dolorosee processi giudiziari che provano e stancano, il viaggio giunge a una sua meta…il percorso di questa donna che ha dovuto scoprire di essere forte – più forte di quanto immaginava – per necessità, per sopravvivere (e per vivere!), intravede la luce, rappresentata dalla certezza che, nonostante il suo aspetto non sarà mai più quello di prima (lei stessa non sarà più quella di prima), la sua voglia di vivere le resterà sempre accanto e, forse, sarà più grande.