Domani sarà il 25 aprile, anniversario della Liberazione italiana dalla Germania nazista e dal ventennio fascista, giornata simbolo della fine della seconda guerra mondiale.

Domani quindi non sarà un giorno qualunque, ma questo si sa bene. Quello che, forse, si conosce meno è il ruolo fondamentale ricoperto dalle donne.

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Come spesso accade, le donne restano in ombra: ai margini della narrazione storica, ben lontane dai riflettori che illuminano caratteristiche come l’eroismo, la tenacia e persino l’amor di Patria, non rimangono solo quelle donne (determinanti!) – mogli,  madri e lavoratrici – che resistendo, sacrificandosi e adoperandosi accanto ai loro compagni, hanno reso possibile il verificarsi di certi eventi epocali; ma, persino, tutte quelle che si sono fatte protagoniste attive della Liberazione in prima linea, le partigiane comunemente chiamate.

Donne che dapprima combattono le loro battaglie silenziosamente, resistendo senza chinare la testa alle avversità e, poi, con l’evolversi degli eventi, scendono direttamente in campo dimostrando un carattere che, probabilmente, neppure loro in principio sospettano di possedere, in virtù di una certa modestia tutta femminile che è al contempo una potenzialità e un ostacolo.

La storia, per molto tempo, è stata scritta quasi esclusivamente dagli uomini e – come è facile immaginare – chi produce un racconto tende a illuminare sè, il gruppo a cui appartiene…il proprio genere anche. Adesso, le cose stanno lentamente cambiando e noi di LeaderShe ci auguriamo che lo facciano con una sempre maggiore rapidità, onestà intellettuale e spinta verso una revisione che scardini alla base molti luoghi comuni limitanti per le donne. Così, oggi, a modo nostro, abbiamo deciso di celebrare il 25 aprile, di restituire alle donne la centralità che meritano, attraverso un pensiero, un post nel nostro blog.

Queste donne anonime – anonime perché di loro non si cita, spesso non si ricorda neppure, il nome – furono in primo luogo le staffette:  portavano – come fossero al contempo corrieri e informatori – aiuti in viveri/indumenti e notizie di vario tipo (ad esempio, i movimenti del nemico). Il loro lavoro, che ben presto da spontaneo si fece organizzato, era delicato e duro, quasi sempre pericoloso; infatti, anche quando non attraversavano le linee durante il combattimento sotto il fuoco del nemico, dovevano, con materiale pericoloso, talvolta ingombrante, salire per le scoscese pendici dei monti, attraversare torrenti, percorrere centinaia di chilometri in bicicletta o in camion, spesso a piedi e non di rado sotto la pioggia e l’infuriare del vento.

Inoltre, accanto alle staffette, vi furono donne che rivestirono altri ruoli, come quello di infermiera o di legame/contatto con i centri di diffusione delle notizie…addirittura, vi furono quelle che imbracciarono le armi in prima persona. Donne coraggiose insomma, donne forti quando vegliavano i feriti, studiavano i movimenti del nemico, rimanevano faticosamente a lavorare per il sostentamento del nucleo familiare in assenza del compagno e, probabilmente, donne ancora più coraggiose e forti quando provarono un naturale senso di paura e di smarrimento ma non si tirarono indietro, neppure nel momento in cui la storia ha negato loro il giusto riconoscimento, l’adeguato merito e l’incontestabile importanza.

Ecco, LeaderShe intende – con questo breve intervento – mantenere vivo il ricordo di quelle donne perché il loro contributo nella liberazione del nostro Paese non si perda nell’oblio e,  soprattutto, perché possano essere, in un certo senso, di ispirazione a noi donne che, ogni giorno, nel nostro piccolo grande mondo, siamo chiamate a dimostrare coraggio e forza.

Buon 25 aprile!