Come vi abbiamo anticipato, nei giorni scorsi, a Trento, si è svolto il Festival dell’Economia.
L’evento è stato molto interessante e, in special modo, noi di LeaderShe abbiamo seguito – in diretta su Canale 2 – Rompere il soffitto di vetro: più donne ai vertici.
A introdurre i diversi relatori ci ha pensato Daniela Del Boca, insegnante di Economia Politica presso l’Università di Torino: Daniela ha cominciato con un breve excursus storico in cui ha sottolienato l’ “anomalia” della situazione italiana – della situazione femminile italiana – rispetto agli altri Paesi. Infatti – mentre durante gli anni ’70 e ’80, le altre nazioni hanno visto diffondersi una “rivoluzione silenziosa” che, in maniera “lenta” ma costante, ha migliorato la condizione delle donne – in Italia, tutto questo si è verificato in modo più “violento”, repentino, però, ad un certo punto, abbiamo avuto una battuta di arresto, sino a giungere a un deterioramento, quasi a una perdita delle posizioni raggiunte. A riguardo, viene citata l’immagine che i media veicolano del soggetto femminile (argomento che abbiamo già trattato in un precedente post).
Successivamente, la Dottoressa Del Boca ha preso in rassegna dati ormai “tristemente” noti: le donne che si laureano sono in numero maggiore rispetto agli uomini, e con migliori profitti; eppure, il gender gap è ancora evidente da un punto di vista salariale e non solo. Perché? Le ragioni sono tante e diverse ma, essenzialmente, l’idea che ci si forma è una: il maggior ostacolo al superamento della situazione femminile penalizzante è culturale e, a riguardo, basta pensare al fatto che – come ci dice appunto Daniela – i settori tecno-scientifici, gli stessi che offrono oggi maggiori sbocchi sul mercato, sono i meno scelti dalle donne…a cui, forse, fin da bambine, non si insegna a giocare con le costruzioni ma si ripete di essere amorevoli e protettive con le bambole. Alle donne, si chiede di essere pazienti e non competitive.
Eppure, così come vi abbiamo raccontato in un altro post, una maggiore occupazione femminile – soprattutto una migliore occupazione femminile, che riguardi i vertici – comporterebbe una crescita economica complessivo che, per il nostro Paese, potrebbe tradursi in un aumento del PIL pari al 22%.
Particolarmente condivisibile – a nostro avviso -, poi, è stata la considerazione sulle quote rosa: queste, nel migliore dei mondi, non avrebbero ragion d’esistere probabilmente; ma, nel nostro, sono una tappa necessaria. Necessaria ma transitoria, si spera. Anna Maria Tarantola è intervenuta per dire come sia sbagliata la convinzione secondo cui il mercato segua naturalmente un principio di efficienza che lo porta a selezionare le migliori risorse (quindi, senza badare al genere, sul criterio del merito) perché, a livello implicito, esistono delle distorsioni che penalizzano le donne. Banalmente: davanti a due CV uguali, uno maschile e uno femminile, con più frequenza viene scelto quello maschile. Inoltre, le quote rosa – riassumendo quanto detto – avrebbero non solo un valore nei termini di equità ma, appunto, servirebbero a spezzare un monopolio (maschile) che porterebbe dei giovamenti per l’economia tout court.
Altrettanto interessante è stato il discorso di Giulia Bongiorno che, oltre a raccontare la sua esperienza – l’esperienza di un avvocato di indubbia preparazione che, però, veniva sovente scambiata per la segretaria dello studio legale in quanto donna e in quanto giovane nei primi anni della sua attività -, ha sostenuto come, oggi, le quote rosa siano il “minimo” che le donne hanno il diritto di pretendere dopo un passato di “sottomissione”, in un Paese che, da relativamente poco, ha abolito il delitto d’onore! Ma, allo stesso tempo, Giulia insiste su un punto: donne, facciamoci trovare preparate! Quindi: le quote ci spettano, sono necessarie, saranno transitorie, ma non deludiamo le aspettative, soprattutto per non danneggiare altre donne. Un mancato o un cattivo uso delle quote rosa ostacola le altre donne.
Rompere il soffitto di vetro, per circa due ore, ha offerto molti spunti di riflessione. Qui, abbiamo voluto prenderne in considerazione alcuni (quelli che abbiamo ritenuto particolarmente significativi), fare un veloce riassunto, però, le cose da aggiungere sarebbe davvero tante e ci ripromettiamo di farlo in futuro.
Vi salutiamo citando le parole di Massimo Frasanella D’amore (l’unico relatore uomo presente) perché siamo sempre particolarmente “soddisfatte” quando l’esortazione a migliorare la condizione occupazionale femminile viene da un uomo, quando il genere non viene considerato un problema femminile. Massimo si augura che, presto, venga dato alle donne, specie alle giovane donne, l’opportunità di esprimere al meglio il proprio potenziale!