Ti ho già detto, o forse l’ho solo detto a me stessa, a questo punto non ricordo, che quello che mi ha fatto venire voglia di fare questo andirivieni nel passato, di provare a dare una faccia, e una voce, alle cose che non ho fatto, a quello che non sono diventata, non è stato il rimpianto. Nel bene e nel male, non ho conti in sospeso con la mia storia. Vuoi per coraggio, vuoi per incoscienza, quello che volevo fare l’ho fatto. Ho commesso un sacco di errori, certo, ma non quello a mio parere più grave: lasciarsi condizionare, dagli altri, dalla paura di sbagliare, dal moralismo, e non aprire o chiudere delle porte. Non, non ho rimorsi, questo no. Ma curiosità sì, tantissima. Per questo sono andata a cercarmi dove credevo di essermi nascosta, manco la vita fosse come un surgelato, che all’occorrenza puoi ficcare in forno ed ecco lì, è pronto..
Nello scrivere la recensione di Le scelte che non hai fatto di Maria Perosino – che, purtroppo, ci ha lascito un paio di settimane fa a causa di una lunga malattia – , abbiamo deciso di cominciare citandovi uno dei passi conclusivi del libro perché, in un certo senso, in quelle frasi, si trova tutto il senso del testo: dalla lettura non emerge tristezza, rimpianti, risentimento o un eccesso di bilanci esistenziali coronati da una percezione di fallimento; no, quello che resta quando si giunge a pagina 189, l’ultima, è la sensazione che la nostra vita sia la somma di quello che abbiamo scelto e di quello che non abbiamo scelto, cioè un infinito panorama di possibilità che, di tanto in tanto, andiamo a visitare con l’immaginazione domandandoci cosa sarebbe stato…però, è andata in un certo modo – forse perché così abbiamo voluto o forse perché, più spesso, così “abbiamo potuto” – ma, in ogni caso, quelle “vite non vissute”, semplicemente sfiorate, incrociate e accarezzate, restano accanto a noi, restano dentro di noi.
Nella mia vita ci sono cinque case, due convivenze oltre a un numero imprecisato di storie, quattro lavori, due città, due figli non nati.
Negli snodi della vita – magari non necessariamente in quelli che ti danno l’immediata percezione di essere ad un giro di boa determinante ma, anche, in quelli minuti, quotidiani, piccoli -, nei punti in cui il tuo percorso si dirama in due sentieri e tu puoi imboccarne solo uno, non è quasi mai il 100% di noi a scegliere ma, nella maggior parte dei casi, un risicato 51% e, di conseguenza, resta un “49% non realizzato” che continua a viaggiarci accanto in modo parallelo.
Una parte non piccola di noi continua ad essere innamorata dell’uomo che stiamo lasciando, dell’appartamento da cui stiamo traslocando, del mondo che stiamo abbandonando […] Nella vita, le scelte che non abbiamo fatto continuano ad esistere accanto a noi. Pulsano debolmente, come potenzialità inespresse. E non occorre arrivare a provare rimpianto per volere un pò di bene a quelle vite scartate per un soffio. Sono lì, a portata di mano, e può capitare persino di andare a cercarle.
Maria ci racconta la sua storia e quella di altre donne: troviamo Olivia che, per tanto tempo, ha sprecato la sua vita perché totalmente rapita da due cose, dall’amore per suo figlio e dalla ricerca dell’amore in genere…la vita, la semplice vita per se stessa, non era contemplata, finché, un giorno, Olivia “si sveglia” e, in bilico fra la ragazzina e la donna che le vivono dentro, è finalmente “disponibile a stare bene”, ad amare chi la ama e a fare un lavoro che le piace.
In quella foto (in quell’unica foto), Olivia somiglia a se stessa. A colpire non è la bellezza, ma la grazia dello sguardo, dei gesti. C’è grazia ovunque, in ogni singolo punto dell’immagine. E allora capisco: può anche essere che Olivia per qualche tempo si sia infilata in una vita sgraziata, ma il suo corpo lo sapeva, aveva sempre saputo, che quello non era l’abito giusto.
Kundera, ne L’Insostenibile leggerezza dell’essere, ha scritto:
Non si può mai sapere che cosa si deve volere perché si vive una vita soltanto e non si può né confrontarla con le proprie vite precedenti, né correggerla nelle vite future […] Non esiste alcun modo di stabilire quale decisione sia la migliore, perché non esiste alcun termine di paragone. L’uomo vive ogni cosa subito, per la prima volta, senza preparazioni. Come un attore che entra in scena senza avere mai provato. Ma che valore può avere la vita se la prima prova è già la vita stessa? Per questo la vita somiglia sempre ad uno schizzo. Ma nemmeno “schizzo” è la parola giusta, perché uno schizzo è sempre un abbozzo di qualcosa, la preparazione di un quadro, mentre lo schizzo che è la nostra vita è uno schizzo di nulla, un abbozzo senza quadro.
Forse, quello che rimane dopo la lettura di Le scelte che non hai fatto è un invito a vivere l’esistenza con pienezza (anche leggerezza e un briciolo di inconsapevolezza), accettando le sue incongruenze, le sue zona d’ombra e l’impossibilità di sapere quale sia la “strada giusta”. Non fermarsi a rimpiangere quello che non è stato ma, invece, semplicemente, andare sempre oltre tenendo accanto i frammenti di un passato solo immaginato perché, anche in quello che non abbiamo voluto e potuto, si trovano quei dettagli che hanno contribuito a renderci le persone che siamo.
Maria racconta che non ha avuto figli pur avendoci lungamente pensato e avendone persino parlato con gli uomini che ha amato. Dice che non è divenuta madre perché, evidentemente, non l’hai mai desiderato davvero. Ecco: scelte che, forse, capiamo- o semplicemente nominiamo e riempiamo di significato – nel dopo e che vanno a confluire nel capitolo del “è andata così” perché, in fine, in un determinato modo, deve sempre andare.
Lettura molto consigliata!