Chi l’ha deciso che il mondo dei motori sia solo ed esclusivamente un universo maschile?
Sicuramente, questo luogo comune non ha fermato Mariella Mengozzi che, in un ambiente – definito da lei durante l’intervista – testosteronico -, ci lavora con passione ormai da tempo.

Ma non vogliamo anticiparvi nulla e lasciarvi la possibilità di conoscere questa donna dolce e tenace al contempo  – Mariella entra nella nostra sede con quel suo bel sorriso che trasmette serenità, cordialità  ma anche molto “carattere”  – attraverso le sue stesse parole.

Buona lettura!

 

1. Mariella, intanto, grazie per la tua disponibilità. La prima domanda che voglio farti è se, da bambina, già preferivi le macchinine alle bambole; insomma, se lavorare nel mondo dei motori è un tuo sogno da sempre?

No, sinceramente – come per diversi avvenimenti della mia vita -, posso dire che si è trattato, almeno inizialmente, di casualità: del resto, penso che le scelte incontrino sempre le opportunità, e l’impegno i casi fortunati.  Io – dopo la Maturità Scientifica, la Laurea in Giurisprudenza e il Master in Business Administration – sono approdata al marketing e ho iniziato la mia carriera  lavorando per il Gruppo GFT , una grossa azienda torinese del settore abbigliamento ; lì, sono rimasta 4 anni. Il mio percorso – se vogliamo – non è stato di quelli che potremmo definire lineari, “scontati”, ma credo che il saper cambiare, provare e mettersi in gioco sia utile, importante.  Successivamente, anche qui per un caso che potrei definire fortuito, ho avuto l’occasione di arrivare alla Walt Disney – un luogo che spesso viene percepito quasi come un “sogno” dai suo dipendenti -, con il ruolo di Licensing Manager. In questa azienda, sono rimasta 8 anni e, dopo, sono passata in Ferrari, avendo quindi anche la possibilità di avvicinarmi a casa, a Modena, a mia figlia…

2. Mariella – scusa se ti interrompo – ma hai appena detto che il ritorno in Emilia è stato per te importante anche per ragioni private, così vorrei chiederti come hai fatto a conciliare carriera e famiglia. Quale strategia hai elaborato per riuscire a crescere professionalmente e, nel contempo, costruire una famiglia?

Ti dirò, non credo che si possa parlare esattamente di una strategia costruita su tappe precise “stabilite a tavolino”: essenzialmente, dal momento in cui sono entrata nel mondo del lavoro, mi sono sempre impegnata molto, investendo per il futuro – una specie di formichina operosa, in linea penso con il mio essere romagnola. Insomma, nei primi anni del mio iter professionale, proprio cercando di dare il meglio di me, ho raggiunto delle posizioni che mi hanno permesso, quando mi sono sentita pronta, di costruire una famiglia con il mio compagno.

Tornando al racconto del mio percorso – brevemente – ti dico che, in Ferrari, sono rimasta dal 2001 al 2012, occupandomi prima dello sviluppo marchio, poi spostandomi più sul versante sponsor (Responsabile Sponsorizzazioni), fino ad arrivare, nel 2007, per i 60 anni del brand, all’organizzazione della comunicazione: sono stati sei mesi intensi in cui abbiamo lavorato come fossimo una task force in giro per il mondo. Successivamente, sono rimasta nell’ambito comunicazione, nell”ufficio stampa (un’esperienza fondamentale per entrare nel core business davvero e approfondirne conoscenza della storia, dell’architettura industriale etc.). Dal 2012, ho scelto di divenire consulente, quindi libera professionista, e ho organizzato eventi molto interessanti come quello per il 50° anniversario della Lamborghini e la commemorazione per il ventennale dalla scomparsa di Senna.

3. Lavorare in un ambiente prevalentemente maschile ti ha creato particolari difficoltà? Hai incontrato degli ostacoli – credi – connessi al genere a cui appartieni o dei cliché/pregiudizi legati alla sua interpretazione? Ci sono delle caratteristiche dovute alla femminilità che – pensi – siano state delle potenzialità?

Alcuni fanno effettivamente difficoltà a relazionarsi con una donna ma, nella mia esperienza, sono stati casi isolati. Eppure, arrivando dalla Disney (azienda in cui la presenza di dirigenti donna è la normalità) alla Ferrari (per un periodo, lì, sono stata l’unica dirigente donna), una cosa l’ho notata: in Ferrari ti trattano da donna.Lì, oltre a essere una persona, un dipendente, sei anche una donna.

Ritengo che una caratteristica connessa al genere che mi abbia aiutato sia stata la mia non-conflittualità: in questo ambiente maschile – testosteronico per così dire – da diversi punti di vista (clienti, progettisti, media etc.) e, al contempo, fortemente competitivo, la mia tendenza a mediare, adattarmi, conciliare e non cercare il conflitto mi sia tornata utile.

4. Per te, successo, cosa vuol dire? Che interpretazione, significato, valore, dai a questa categoria?

Per me, successo, vuol dire assolutamente essere e non avere! Hai presente quando, da ragazzina, immagini come sarai a 40-50 anni? Ecco, per me, successo ha significato essere – in parte restare e in parte divenire – quella persona che, da ragazzina, sognavo, desideravo, di essere nel dopo, “da grande”…essere una donna soddisfatta di sé, che fa cose che le piacciono, che sta bene con gli altri…

5.  Mariella, nel salutarti, vorrei chiederti se c’è qualcosa che vorresti dire alle giovani donne che, oggi, si immettono nel mondo del lavoro. Un consiglio, un ammonimento, un’esortazione.

Io, alle ragazze che stanno entrando nel mondo del lavoro, principalmente, vorrei dire di non sentirsi attratte da “situazioni/posizioni di facciata”, ma di badare ai reali contenuti. Mi spiego: seguite le vostre inclinazioni, scegliete cose che vi piacciono realmente – al di là di valutazioni superficiali ma con concretezza – e sappiate essere elastiche perché il nostro è un mondo fluido.  L’impegno ripaga, viene riconosciuto. Credeteci.