E’ proprio la consapevolezza che le mie azioni hanno il potere di modificare la realtà intorno a me a tenermi lontana da quel sentimento così diffuso di impotenza che sembra caratterizzare la nostra società.
Nel maggio 2009, Lorella Zanardo – membro dell’Advisory Board di WIN, Organizzazione Internazionale di donne professioniste, oltre che ex-manager, consulente e formatrice -, insieme a Cesare Cantù e Marco Malfi Chindemi, ha realizzato un documentario dal titolo Il corpo delle donne, fatto poi circolare in rete e divenuto in breve tempo un caso mediatico (è stato creato anche un blog). Il libro nasce come “raccolta” di tutte le reazioni che la diffusione del documentario ha suscitato.
Il progetto è quello di mettere in fila – tutte insieme – le immagini del corpo femminile così come vengono proposte dalla televisione italiana, con ogni pretesto e in tutte le fasce orarie. L’intento di Lorella è quello di mostrarci l’immagine femminile dominante nella televisione italiana e, al contempo, di fornire il proprio contributo, la propria proposta, per un cambiamento.
Milioni di persone, sul web, si sono indignate davanti al sedere marchiato della ragazza issata fra i prosciutti con il pretesto di un provino e davanti alla gustosa risata del noto presentatore. “E’ quello che il pubblico vuole” si giustificano autori, produttori, dirigenti etc. A questa affermazione, Lorella si oppone e argomenta con lucidità, precisione e chiarezza il suo punto di vista.
Prima di entrare nel focus, però, vorrei aprire una parentesi per sottolineare come il corpo – quello che spesso percepiamo come un involucro insignificante (nell’accezione di “privo di significato”) – in realtà, sia ricco di senso: non occorre spingersi così lontano da giungere allo “smembramento rituale del corpo del capo” o altri fenomeni antropologici noti, per capire come certi standard – che vanno dalla taglia al modo di muoversi – ci influenzino sino a toccare sfere della vita che, apparentemente, non sono direttamente connesse al corpo stesso. Come una certa “istantanea” della donna finisca per influenzare un sentire che va ad avere forti ripercussioni sulla qualità della condizione femminile tout court.
E dunque:
perché le ragazze in tv sono trattate come oggetti?
Perché le veline non possono parlare?
Perché in tv non si vede più un volto di donna matura?
Perché noi donne accettiamo questa umiliazione mediatica?
Come possiamo fare noi donne per tentare di cambiare le cose?
Questi sono gli interrogativi che troviamo ad apertura del libro…e anche perché, come accade nel resto dell’Europa, noi non siamo capaci di produrre un intrattenimento televisivo che non svilisca la donna?
Lorella insiste su un punto: il suo fine non è quello di indagare le ragioni di certi comportamenti femminili – vedi le motivazioni che spingono le veline a fare le veline – e non condivide l’atteggiamento di molte partecipanti ai vari dibattiti sul tema, ovvero un violento scagliarsi contro altre donne (“misoginia” tra simili, chiama la tendenza). L’autrice intende, semplicemente (che, poi, semplicemente non è!), capire perché la TV dia spazio a queste figure femminili che di interessante non hanno nulla. Nessuna presa di posizione – per così dire – ideologica e politica, quindi. Lo sfacelo della tv, secondo Lorella, non è imputabile a queste ragazze – come lei scrive, “immagino incredule di poter avere successo e denaro solo dimenandosi un po’ “- ma a chi gestisce la tv, a chi decide di “premiare” incompetenza e volgarità.
Inoltre, Lorella vuole abbattere un altro diffuso cliché, quello de “la tv non va guardata!”. No, la tv si può (anzi, si deve) guardare per cogliere quello che nel nostro Paese sta accadendo, perché è proprio su questa “grottesca” (gli esempi, nel libro, non mancano) rappresentazione femminile che si forma l’immaginario delle generazioni più giovani.
Dopo questa “denuncia”, segue la seconda parte del testo, quella che propone l’alternativa – una possibile via – per il cambiamento, per una (lasciateci passare il termine ) sorta di “riforma culturale” che si chiama consapevolezza, anche formazione e crescita.
Un testo che, nonostante abbia già 4-5 anni, si dimostra quanto mai attuale. Un libro che si può condividere o meno, che si può condividere in parte o del tutto, che si può condividere tristemente; ma, soprattutto, un documentario che fa molto pensare, che squarcia un velo e ci impone di vedere – in un certo senso, per la prima volta – un fenomeno così prepotentemente sotto i nostri occhi da finire per scomparire alla visuale tanto ne siamo assuefatti. In breve: una riflessione che, piaccia o meno, oggi – soprattutto per tanti altri fenomeni che trascendono dalla dimensione televisiva – va fatta per capire dove le donne italiane sono giunte e dove intendano arrivare.
Buona lettura!