Una buona autostima consiste nella capacità di avvicinare l’idea che abbiamo di noi stesse a ciò che realmente siamo, nell’avere un’idea sufficientemente realistica delle nostre potenzialità e dei nostri limiti.

Questo martedì – come anticipato – vi presentiamo la recensione di Autostima al femminile di Maria Menditto (psicologa, psicoterapeuta, formatrice e consulente).

Lo definirei un libro utile. Utile perché analizza quello che è un vistoso “problema” femminile, ovvero una carenza – spesso cronica – di autostima, e propone stimolanti “soluzioni”. Di questa tematica vi abbiamo già parlato nel post su  Confidence Code e, oggi, intendiamo riprendere le fila del discorso attraverso un diverso approccio (psicologico, per così dire) perché davvero, in svariate occasioni, le donne hanno risorse, potenzialità, talenti, coraggio e forza; solamente, non sanno di possederli…ripongono dentro qualche cassetto dell’anima tutta una serie di bellissime caratteristiche ma dimenticano il luogo esatto in cui le hanno conservate, finché qualcosa non le costringe a tirarle fuori e a servirsene. Così, in molte occasioni, quello che è un evento doloroso come la malattia, la fine di un amore o la perdita del lavoro diventa occasione per scoprire, fare esperienza, di parti inedite di noi, diventa il punto di partenza per una nuova consapevolezza che ci rende diverse e cambia la nostra vita. Come è ben evidenziato nel testo, se non siamo responsabili delle prove a cui ci sottopone la vita, lo siamo però in relazione al nostro modo di affrontarle, di reagire, di ri-organizzare e di ri-organizzarci. 

Il libro analizza la differenza di genere proprio in relazione all’autostima: le donne sarebbero più sensibili alle critiche e più propense a farsi vincere dai sensi di colpa. Inoltre, per condizionamenti culturali, le donne avvertirebbero maggiormente il senso di fallimento quando non vivono una relazione affettiva, non cogliendo la sottile differenza fra essere sole e sentirsi sole. Probabilmente, il tradizionale ruolo di cura verso gli altri che la donna riveste dalla notte dei tempi plasma una sensazione di inadeguatezza nel momento in cui il soggetto non ha un compagno o dei figli. In un certo senso, la tanto (specie ultimamente) discussa tematica della “donna difettosa” quella che non è stata in grado di creare un nucleo familiare, di procreare. Così, le donne single si dividono in due categorie: da un lato, abbiamo quelle che a voce alta “difendono” il loro statuto di persona libera e indipendente; dall’altro – forse il gruppo più numeroso -, troviamo quelle che “si difendono” sostenendo che le circostanze della vita sono andate in un certo modo e, spesso, più che di consapevole scelta, si è trattato di un sovrapporsi di eventi, di casualità. Come a dire: ho vissuto come ho voluto e come ho potuto. Non tralasciando il fatto che la “solitudine”, come ogni altra condizione, può (di norma lo è) essere transitoria e – perché no – proficua (a riguardo, presto, vi proporremo la recensione di Meglio sole di Ivana Castoldi). In ogni caso, un dato resta: un uomo solo non sente di dovere spiegare la sua condizione, una donna sì perché la società è più impietosa con l’altra metà del cielo.

E, poi, il lavoro: una donna ambiziosa, una che desidera mettere a frutto gli anni di studio e di gavetta, per il pensare comune, è una donna dura, anaffettiva, rigida ed egoista. Parrebbe concesso solo al genere maschile il desiderio di “arrivare”, di sentirsi gratificati da quello che si è scelto di fare nella vita; in sostanza, dall’esistere con sé e per sé.

Così, il primo e forse più importante consiglio che la Menditto ci dà è quello di sospendere il giudizio su di sé. In un certo modo, di lasciarci vivere senza condannarci o assolversi quotidianamente. In seconda istanza, di uscire dalle classificazioni, dalle etichette che ci impongo gli altri o peggio che ci mettiamo addosso da sole: “la timida”, “la coraggiosa”, “l’estroversa” etc. No, una donna, nella vita, sulla base di innumerevoli fattori che possiamo ricondurre al fatto che durante l’esistenza si cambia, può essere tutto e il contrario di tutto. Inoltre, fondamentale risulta anche il non forzarsi per rinnegare, mandare via, sotterrare e rifiutare certe parti di noi, certe “zone d’ambra”, che tutte abbiamo e a cui non dobbiamo fare una perenna guerra: non siamo perfette, bene, nessuno lo è; e forse il dato è addirittura confortante. Siamo, in alcuni momenti – su questo punto Maria insiste -, fragili e la nostra fragilità va accettata e trasformata punto di ri-partenza. Moravia ha scritto “cosa si fa quando non ne possiamo più? Si cambia”. Allo stesso modo, un momento di profonda fragilità, insicurezza e paura; un punto in cui ci perdiamo o tocchiamo il nostro personale limite nei termini della malinconia, della stanchezza, del nervosismo, dell’ansia etc, può essere uno snodo fondamentale per ri-pensare noi stesse e la nostra vita, per cambiare strada se avvertiamo che la vecchia non ci rappresenta e rende felici.

L‘autostima è intimamente legata al concetto di responsabilità. L’autostima, infatti, migliora accettando di assumersi la responsabilità dei nostri sentimenti, desideri, pensieri, capacità, interessi, riconoscendo in tutta onestà ciò che ci appartiene e agendo di conseguenza […] La vita non torna da sola: bisogna cercarla, sorriderle nuovamente, imparare a camminare lungo nuovi percorsi, contattare l’ambiente con curiosità. Si tratta di un lento cambiamento della propria identità, di una metamorfosi che fa sbocciare di nuovo la vita. Le donne che hanno attraversato questo ‘tunnel’ sentono di non essere più quelle di prima: tornare a vivere ha fatto loro indossare un nuovo abito. Soprattutto quelle che hanno riconosciuto la propria forza d’animo e il proprio potere personale e hanno ingaggiato una sfida autonoma con loro stesse. La metamorfosi avviene, a volte, casualmente, anche grazie a un incontro con una persona significativa, oppure può essere preceduta da una ricerca di comportamenti nuovi e insoliti, abbozzati o esibiti per sfidare la sorte a viso aperto, con la disobbedienza di chi vuole affermare il diritto alla propria originalità.

Costruire una nuova consapevolezza che conduca a un’autostima forte ma realistica, quindi, è possibile e, magari, si tratta anche di un “viaggio” che merita di essere fatto…un po’ come il messaggio del video Donne in rinascita che vi consiglio di guardare.

Buona lettura!